Sopralluogo sul Rotolon

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Salire sulla zona Rossa del Rotolon e sempre molto utile sopratutto con l’obbiettivo di comprendere alcune cose che si sono susseguite negli anni , per conoscere quel delicato equilibrio tra uomo ed ambiente , qui l’uomo non ha potuto fare tanto se non sorvegliare per anni la rossa terra del Rotolon che scende di tanto in tanto , quando aumentano le pioggie e quel terreno diventa fango  , quel fango che se parte scenderà portando con se molti massi che cavalcheranno l’onda argillosa ed impermeabile che zuppa d’acqua porterà i massi a valle , le dimensioni di questo evento franoso non si sanno , oppure si ha una piccola idea di quello che potrebbe essere , certo che quando piove per diversi giorni salire per il sentiero delle mole e vedere acqua che esce dal fianco della montagna non è indice di sicurezza , poi capire se e peggio o meglio ci sia acqua anche questo è un bel dire , le case a rischio ci sono , gli abitanti dicono che il Rotolon è sempre stato li , e si è sempre mosso , ma il pericolo rimane , ed il pensiero in quelle notti di pioggia e rivolto in alto sul Rotolon.

Torrente Rotolon
Per il grave stato di dissesto idrogeologico del tronco superiore, la rapidità e la violenza delle piene legata soprattutto al notevole trasporto solido, il T. Rotolon è l’affluente più pericoloso dell’ Agno. Fin da epoca storica, infatti, al Rotolon sono legati i più importanti dissesti, talora distruttivi, che hanno colpito questa parte di territorio. Gli episodi di cui si hanno notizie si riferiscono ad eventi legati sia a movimenti franosi che ad episodi di piena (Miliani Luigi: “ Le piene dei fiumi veneti e i provvedimenti di difesa”, 1937‐1939); in particolare:

– 1784  ‐ movimenti franosi e notevole trasporto solido nel torrente con colmamento dell’alveo del T. Agno ed alluvionamento di alcune campagne della c.da Maltaure
– 1789 ‐ alcuni dissesti ed esondazioni
– 1794 ‐ movimenti franosi e notevole trasporto solido nel torrente con colmamento dell’alveo e distruzione della c.da Erceghi
– 1796 ‐ alcuni dissesti ed esondazioni
– 1798 ‐ caduta di una enorme frana con danni notevoli;
– 1882 ‐ grossa piena con distruzioni di ponti e grave pericolo per l’abitato di Recoaro;
– 1898 ‐ altra frana distruttiva, con tempo asciutto, con minaccia dell’abitato di Recoaro;
– 1929  ‐ enorme scoscendimento con materiale che investì la c.da Parlati e rialzò il letto del T.Agno di 6 metri.

A seguito di tali episodi venne realizzato nel periodo 1922  ‐  1937 un intervento di sistemazione idraulico‐forestale del bacino Rotolon: costruzione della briglia Menarini e di una serie di briglie minori; difesa di sponda radente a protezione dell’abitato di Maltaure; sistemazione del bacino del Rotolon con bonifica del versante sinistro (“Buse Scure”) mediante consolidamento e regolazione della parte alta del tronco fluviale con briglie, realizzazione di muri di sostegno, cunettoni, drenaggi ed opere di protezione
sui versanti, rinsaldamento mediante graticciati, inerbimento e rimboschimento del versante sinistro dell’alto Rotolon dalla loc. Piazze verso monte ed infine la cassa di espansione a monte dell’abitato di Parlati.

Cronistoria 

La storia del Rotolon, la grande frana rossa (roote-loon) così chiamata fin dai tempi della calata dei cosiddetti cimbri, sui monti dell’Alto Vicentino, affonda nella notte dei tempi. E’ una storia di spaventosi crolli, di esondazioni, di gravi danni di paure e di fughe della popolazione che viveva presso l’alto corso del torrente, se ne hanno le prime notizie nel 1779 quando dopo due annate eccezionali di siccità l’Agno travolse i ripari e alcune costruzioni tra cui quelli di contrada Asnicar. L’evento più terrificante si ebbe però l’8 novembre del 1789 quando la frana, staccatasi alle 8 di sera dalla destra idrografica presso le sorgenti a circa 1500 metri di quota, si abbatté con enorme fragore (udita fino a Valdagno) invadendo i pascoli, distruggendo mulini, una segheria, un maglio ed un ponte in pietra e danneggiando le contrade presso il corso del torrente, il cui letto si alzò di parecchi metri. La melma rossa ed i macigni guastarono le contrade, più tardi dalla massa melmosa, si videro affiorare i tronchi di antichissime conifere contenute negli strati dell’anisico ed anche blocchi di marmo pregiato più tardi utilizzati in loco.
A quasi un secolo dalla grande frana del 1789 di cui ancora si tramanda memoria, a seguito di piogge torrenziali si ebbero rispettivamente nell’autunno del 1881 in quello del 1882 nuovi imponenti crolli con grave minaccia sui terreni e sugli abitati dell’alto Agno. Alcuni edifici come l’Albergo alla Fortuna subirono ingenti danni come testimonia un semplice ma efficace cronista del tempo tale Bepi Santagiuliana soprannominato “Scapuzzo” di Parlati il quale registra che tra l’8 e il 10 ottobre del ’81 avendosi burrasca di neve sulle cime e pioggia a quota inferiore, il torrente esondò in più punti depositando terra rossa sopra i prati e le ghiaie e scavando e guastando quanto si trovava vicino al corso d’acqua. Ancora una grande scarica si ebbe nel gennaio del ’82 e poi il 27 aprile dello stesso anno, la colata rossa sorprese tutti per la sua velocità ma durò 2 ore soltanto. Il successivo 15 settembre fu travolto nottetempo anche il ponte detto del “podo”. Il mulino dei Parlati rimase interrato sotto la ghiaia fino a metà delle ruota; di seguito il detto cronista riportò che anche il 14 maggio del 1900 i disastri parvero ripetersi con le solite scariche del Rotolon specie quando dalle malghe di Raute si staccò una nuova frana che precipitò sulla vecchia slavina rossa. Altri episodi minori si susseguirono nel tempo fino al 1985 quando un nuovo imponente crollo costituito specialmente della solita mota rossa semiliquida che trasportava enormi massi fin sotto i ponti di recoaro, mise la valle in allarme. Gli alpini in armi di Bassano, di cui chi scrive allora coordinava l’intervento, assieme al compianto tenente Angelo Gelso, furono incaricati della vigilanza e rimasero sul posto una ventina di giorni attivando una rete radio tra il monte e le contrade per eventuali allarmi d’urgenza. La storia del Rotolon è anche storia di interventi dell’uomo e successive sistemazioni dell’area di frana. I primi grandi lavori si ebbero tra il 1903 e il 1905. Più avanti durante il Ventennio erano annualmente impiegati almeno 50 operai del luogo per le sistemazioni idrauliche e forestali e la costruzione delle nuove briglie sul torrente. Dopo gli anni ’60, gli interventi si diluirono sempre più e negli ultimi anni, a parte episodici interventi dei servizi forestali della Regione, la montagna rimane abbandonata. Ora la montagna è entrata nel lungo letargo invernale, ma rimane costantemente sotto l’occhio di sofisticati strumenti elettronici installati nei giorni scorsi e pronti a segnalarne ogni minimo sussulto.

di Bepi Magrin dal Giornale di Vicenza 20 dicembre 2010

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Classificazioni dei fuochi

Allo scopo informativo e didattico di chi si occupa di incendi e di spegnimenti , ma anche ai utenti cosiddetti inesperti o non del settore , anche se il corso antincendio viene ormai fatto in tutte le aziende , si vuole sensibilizzare le persone a parte delle problematiche inerenti all’incendio stesso , cose non sempre facili , per questo risulta sempre molto importante il fattore umano di chi e presente nella zona e può fornire un aiuto logistico ad comprendere cosa può esserci all’interno di un focolaio di incendio , come per esempio : bombole di gas , liquidi fortemente infiammabili , oppure condizione molto critica Metalli Puri .

E chiaro che questo opuscolo non serve per formare le persone ma per comprendere che tutti gli incendi non sono uguali.

LA CLASSIFICAZIONE DEI FUOCHI

Gli incendi vengono distinti in 5 classi, secondo le caratteristiche dei materiali combustibili, in accordo con la norma UNI EN 2:2005.

classe A Fuochi da materiali solidi generalmente di natura organica, la cui combustione avviene normalmente con formazione di braci.

classe B Fuochi da liquidi o da solidi liquefattibili

classe C Fuochi da gas

classe D Fuochi da metalli

classe F Fuochi che interessano mezzi di cottura (oli e grassi vegetali o animali) in apparecchi di cottura.

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Le originarie 4 classi sono diventate 5 con l’aggiornamento della norma UNI EN 2:2005 che ha introdotto la classe F. La norma UNI EN 2:2005 suddivide 5 classi di fuoco in relazione al tipo di combustibile. Non definisce una classe per i fuochi con un rischio dovuto all’elettricità. Questa classificazione è utile in modo particolare nel settore della lotta contro l’incendio mediante estintori. La classificazione degli incendi è tutt’altro che accademica, in quanto essa consente l’identificazione della classe di rischio d’incendio a cui corrisponde una precisa azione operativa antincendio ed un’opportuna scelta del tipo di estinguente. Non tutte le sostanze estinguenti possono essere impiegate indistintamente su tutti i tipi di incendio.

Classe A

Fuochi da materiali solidi legname carboni, carta, tessuti, trucioli, pelli, gomma e derivati la cui combustione genera braci

Classe A

La combustione può presentarsi in 2 forme:

  • combustione viva con fiamme
  • combustione lenta senza fiamme, ma con formazione di brace incandescente.

L’acqua, la schiuma e la polvere sono le sostanze estinguenti più comunemente utilizzate. In genere l’agente estinguente migliore è l’acqua, che agisce per raffreddamento.

Classe B

Fuochi da liquidi idrocarburi, benzine, alcoli, solventi, oli minerali, grassi, eteri

Classe B

Gli estinguenti più comunemente utilizzati sono costituiti da schiuma, polvere e CO2. L’agente estinguente migliore è la schiuma che agisce per soffocamento. È controindicato l’uso di acqua a getto pieno (può essere utilizzata acqua con getto frazionato o nebulizzato).

Classe C

Fuochi da gas metano, G.P.L., idrogeno, acetilene, butano, propano.

Classe C

L’intervento principale contro tali incendi è quello di bloccare il flusso di gas chiudendo la valvola di intercettazione o otturando la falla. Esiste il rischio di esplosione se un incendio di gas viene estinto prima di intercettare il gas. L’acqua è consigliata solo a getto frazionato o nebulizzato per raffreddare i tubi o le bombole coinvolte. Sono utilizzabili le polveri polivalenti. Il riferimento all’idoneità di un estintore all’uso contro fuochi da gas (classe C) è a discrezione del costruttore, ma si applica solo agli estintori a polvere che hanno ottenuto una valutazione di classe B o classe A e classe B (norma UNI EN 3-7:2008).

Classe D

Fuochi da metalli alluminio, magnesio, sodio, potassio

Classe D

Nessuno degli estinguenti normalmente utilizzati per gli incendi di classe A e B è idoneo per incendi di metalli che bruciano (alluminio, magnesio, potassio, sodio). In tali incendi occorre utilizzare delle polveri speciali ed operare con personale particolarmente addestrato. Sono particolarmente difficili da estinguere data la loro altissima temperatura. Nei fuochi coinvolgenti alluminio e magnesio si utilizza la polvere al cloruro di sodio. Gli altri agenti estinguenti (compresa l’acqua) sono da evitare in quanto possono causare reazioni con rilascio di gas tossici o esplosioni.

Classe F

Fuochi che interessano mezzi di cottura olio da cucina e grassi vegetali o animali

classe f

Recentemente introdotta dalla norma UNI EN 2:2005. È riferita ai fuochi di oli combustibili di natura vegetale e/o animale quali quelli usati nelle cucine, in apparecchi di cottura. La formula chimica degli oli minerali (idrocarburi fuochi di classe B) si distingue da quella degli oli vegetali e/o animali. Gli estinguenti per classe F spengono per azione chimica, effettuando una catalisi negativa per la reazione chimica di combustione. L’utilizzo di estintori a polvere e di estintori a CO2 contro fuochi di classe F è considerato pericoloso. Pertanto non devono essere sottoposti a prova secondo la norma europea UNI EN 37:2008 e non devono essere marcati con il pittogramma di classe “F”. Tutti gli estintori idonei per l’uso su fuochi di classe F devono essere conformi ai requisiti della prova dielettrica del punto 9 della norma UNI EN 3-7:2008.

Ex Classe E

La norma UNI EN 2:2005 non comprende i fuochi di “Impianti ed attrezzature elettriche sotto tensione” (vecchia classe E) in quanto, gli incendi di impianti ed attrezzature elettriche sono riconducibili alle classi A o B.

classe E

Gli estinguenti specifici per questi incendi sono le polveri dielettriche e la CO2, mentre non devono essere usati acqua e schiuma. Per stabilire se l’estintore può essere utilizzato su apparecchiature sotto tensione deve essere effettuata la prova dielettrica prevista dalla norma UNI EN 3-7:2008. Tale prova non è richiesta per gli estintori a CO2 in quanto l’anidride carbonica non è conduttrice di elettricità, ne è richiesta per quegli estintori per i quali non viene chiesto l’impiego per parti elettriche sotto tensione. Tutti gli estintori idonei per l’uso su fuochi di classe F devono essere conformi ai requisiti della prova dielettrica. Gli estintori portatili che non sono sottoposti a prova dielettrica, o non soddisfano tali requisiti, devono riportare la seguente avvertenza: “AVVERTENZA non utilizzare su apparecchiature elettriche sotto tensione” Gli estintori portatili che utilizzano altri agenti e gli estintori a base d’acqua conformi alla norma UNI EN 3-7:2008, devono riportare l’indicazione della loro idoneità all’uso su apparecchiature elettriche sotto tensione, per esempio: “adatto all’uso su apparecchiature elettriche sotto tensione fino a 1000 v ad una distanza di un metro”.