Addestramento all’uso delle Motoseghe

Come ogni mese i nostri Vigili del fuoco Volontari procedono alle 5 ore di addestramento obbligatorio mensile , oggi parleremo dell’uso delle motoseghe divenuto uno strumento essenziale nelle nostre APS e altri mezzi, fondamentale soprattutto in questi continui eventi climatici.

Qui di seguito ci sono alcune linee guida per il buon utilizzo ma soprattutto per l’utilizzo in sicurezza di questi attrezzi.

Come funziona la motosega

Come sai, i componenti fondamentali della motosega sono 3: gruppo motore, organo di taglio (barra e catena), sistema d’impugnatura. Tramite una ruota dentata (pignone), il motore trasmette il movimento alla catena – l’elemento tagliente vero e proprio della macchina – che scorre lungo la scanalatura della barra.

A differenza del corpo macchina che è fisso, la barra e la catena della motosega sono mobili e devono essere montate. La procedura di montaggio è simile per tutte le motoseghe, ma per fornirti un esempio concreto, in questo articolo ci riferiremmo a quella valida per i modelli di motoseghe.

Come montare barra e catena della motosega

Usa solo barre e catene raccomandate dal manuale d’uso e manutenzione della tua motosega:

Procedi quindi seguendo queste fasi di montaggio di barra e catena, indossando sempre un paio di guanti.

  • Sblocca il freno catena/paramano tirandolo verso l’impugnatura anteriore.
  • Smonta il carter copri-catena e svita la vite tendicatena.
  • Infila la barra nel prigioniero (o vite a collare).
  • Monta la catena tra il rocchetto e la scanalatura della barra rispettando il senso di rotazione della catena (prendi come riferimento il dente delle maglie taglienti).
  • Inserisci il carter copricatena nel suo alloggiamento, avvita la vite tendicatena e fissa il dado (o i dadi) del carter, ma senza serrarlo.
  • Regola la catena tramite la vite tendicatena.
  • Serra il dado (o i dadi) per fissare il carter copri-catena: non avviare mai la motosega senza carter.

Regola la catena della motosega alla giusta tensione in modo che scorra facilmente lungo la barra, trascinandola a mano o, meglio ancora, usando il gambo di un cacciavite. La catena è ben tesa, quindi non allentata o troppo stretta, quando tirandola verso l’alto la sollevi di qualche millimetro (circa 4 mm).

Con la catena tesa correttamente tagli meglio, lavori in sicurezza e ti garantisci la durevolezza della catena stessa e della motosega. Per tutto questo, oltre al giusto tensionamento è importante anche la lubrificazione del sistema barra/catena.

Quando tagli con la motosega usa sempre abbigliamento protettivo omologato. Oltre ai guanti, di base un paio di pantaloni professionali con protezione antitaglio e una giacca con protezione antitaglio. Per una sicurezza ancora maggiore puoi aggiungere un paio di scarponi antitaglio e proteggere la testa con un casco protettivo completo di visiera e cuffie.

Come si accende la motosega: l’avviamento

Prima di avviare la motosega fai rifornimento, sempre a motore freddo. Puoi acquistare della miscela già pronta o prepararla in una tanica omologata, con benzina senza piombo per auto e olio per motori a 2 tempi sintetico. Rispetta la proporzione benzina/olio suggerita dalla confezione, per esempio quella dell’olio per motori è del 2%: 2 cl di olio per ogni litro di benzina. La miscela è infiammabile: fai queste operazioni all’aperto e non fumare.

Come avviare la motosega a motore freddo? Mettiti ad almeno 3 m dal punto in cui hai fatto rifornimento e segui questi passaggi:

  • Inserisci il freno catena/paramano spingendolo in avanti, verso la barra.
  • Carica di miscela il carburatore schiacciando il primer.
  • Imposta lo starter (leva dell’aria) in posizione “Close”: a motore caldo non deve essere necessario usare lo starter, dunque salta questo passaggio.
  • Appoggia la motosega per terra in posizione stabile: la catena deve essere lontana da oggetti e libera di girare (quindi non avviare la motosega se la barra è incastrata in un taglio).
  • Tieni salda l’impugnatura anteriore.
  • Tira la fune d’avviamento alcune volte, fino al primo scoppio.
  • Riporta lo starter nella posizione originale (“Open”).
  • Tira di nuovo la fune d’avviamento per avviare il motore.
  • Aspetta qualche secondo che il motore si scaldi, tenendolo al minimo.
  • Sblocca il freno catena tirandolo verso di te, cioè verso l’impugnatura anteriore.
  • Accelera per sbloccare la semi-accelerazione automatica.

Come si usa la motosega: come tagliare e i principali tipi di taglio

Prima di iniziare a tagliare con la motosega, verifica di avere sufficiente luce e visibilità, accertati che l’area di lavoro sia sgombra e distante da cavi elettrici minimo 10 m. Sia durante l’avviamento della motosega che durante il taglio, fai in modo che persone e animali rimangano ad almeno 15 m.

Lavora sempre mantenendoti in posizione stabile e sicura, mai in equilibrio su una scala. Quando tagli con il lato inferiore della barra, cioè con “catena a tirare”, hai il massimo controllo della motosega: la catena tira la motosega verso il tronco e la parte anteriore della motosega funge da appoggio.

Fai, invece, attenzione quando tagli con il lato superiore della barra (con “catena a spingere”). In questo caso, infatti, la catena tende a spingere la motosega all’indietro e, se la presa della motosega non è ben salda, c’è il rischio che la lama “scivoli” fino a incontrare il settore “a rischio” di contraccolpo, cioè la parte superiore della punta della barra. Per “contraccolpo” si intende lo scatto improvviso verso l’alto e all’indietro della motosega

Non tagliare sopra l’altezza delle tue spalle perché, con una presa alta della motosega, diventa difficile controllare il possibile contraccolpo. Sempre per evitare contraccolpi, non usare la punta della barra per tagliare.

Se con la motosega poti dei grossi rami (diametro maggiore di 10 cm), non reciderli mai con un unico taglio dall’alto al basso: il loro stesso peso strapperebbe corteccia e fibre, danneggiando le piante. È meglio, invece, usare la tecnica del taglio di scarico (per taglio di scarico si intende il praticare prima un taglio nella parte inferiore della branca da tagliare, per poi completare il taglio partendo dalla parte superiore).

BARELLA PER SOCCORSO IN AMBIENTI OSTILI

Come sempre si cerca di stare sul tema del soccorso tecnico urgente , con questa nuova attrezzatura molto all’avanguardia ed indispensabile nel nostro territorio montano .Un ringraziamento particolare all’associazione nazionale volontari che grazie ai contributi fondamentali del Comune di Recoaro Terme hanno donato al distaccamento di Vigili del Fuoco Volontari di Recoaro Terme questa barella spallabile che andrà ad integrare la nostra dotazione , un ulteriore ringraziamento ai tecnici della Kong venuti per addestrarci nel suo corretto utilizzo.

Notizie tecniche

Evoluzione di un grande classico, Lecco 2.0 è la nuova barella per il soccorso in montagna che mantiene la stessa versatilità della versione precedente con nuove caratteristiche che la rendono ancora più versatile ed efficiente!
Le caratteristiche principali sono:

– nuova comoda sacca da trasporto rinforzata e verricellabile che permette uno stivaggio ultra-rapido; dotata di etichetta personalizzabile per una rapida identificazione

– pronta per l’uso in meno di un minuto montata da un solo operatore

– telaio e telo pre-assemblati, nessun componente che può essere perso

– telaio diviso in 3 segmenti 

– nuovi maniglioni ergonomici a sezione variabile (ovale-tondo) per una distribuzione del carico sulle spalle e un trasporto più confortevole

– cerniera del telo dotata di 4 cursori che permette l’apertura parziale per ispezione e gestione del ferito

– cerniera aggiuntiva lato piedi

– visiera trasparente che permette di mantenere il contatto visivo con il ferito

– ampia gamma di accessori che garantiscono la massima affidabilità nelle varie condizioni di utilizzo

La sua lunghezza, manici compresi, è di 3.1 metri. Senza manici è lunga 2.0 metri. Smontata e inserita nello zaino da trasporto, ha un ingombro di 85x55x22 centimetri. Il peso è di 16 kg (zaino escluso).

Il telo è dotato di una serie di cinghiaggi di colori differenti per immobilizzare il ferito in più punti. Le quattro cinghie di chiusura esterne garantiscono un bloccaggio perfetto. Il telo è completamente apribile con cerniera lampo a doppia apertura per consentire l’ispezione degli arti inferiori. Cerniera aggiuntiva all’altezza dei piedi. Le sue ampie dimensioni e la lunghezza delle cinghie di chiusura, consentono l’inserimento del materassino a depressione (accessorio utilissimo per garantire il perfetto immobilizzo del ferito).

Gli spallacci sono ricoperti da una comoda imbottitura e si distinguono in anteriori e posteriori. Gli spallacci anteriori si possono montare in posizione diritta per il trasporto normale, o in posizione girata per pendii estremamente ripidi o salti strapiombanti in modo di impedire al soccorritore di scivolare fuori con le spalle. La lunghezza dei manici posteriori permette al soccorritore una buona visibilità sul terreno.

La barella, completa di spallacci, è stata progettata per sopportare un carico di lavoro (SWL) uniformemente distribuito sul telo pari a 180 kg (fattore di sicurezza 1:4). Tale carico non deve mai essere applicato in un solo punto. La Kong ha riprodotto in laboratorio condizioni simili a quelle di effettivo utilizzo, effettuando test distruttivi di trazionatura lenta. Il bilancino di sospendita da elicottero, e quello per uso teleferica, permettono di sopportare un carico SWL di kg 500 (fattore di sicurezza 1:4). Il fettuccione per calata barella, inserito correttamente come da istruzioni, è garantito per un carico SWL di kg 400 (fattore di sicurezza 1:4).

Vincitrice del premio Compasso d’Oro, segnalazione d’onore anno 1994.

Scheda tecnica riportata da https://www.kong.it/it/prodotto/lecco20/

Centralina idraulica per divaricatore , cesoia e martinetto

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SOCCORSO IDRAULICO

Generalità

Sulla scena di un incidente ogni minuto è prezioso. Dopo gli attimi di confusione iniziale provocati dall‟urto e dalla distruzione, la scena appare ferma, chi poteva allontanarsi lo ha fatto mentre tra i rottami e le lamiere piegate restano le persone che hanno bisogno di soccorso. Sono prive di sensi, o sono ferite in modo grave, o semplicemente sono rimaste incastrate e non riescono a muoversi. Devono essere rimosse dalle lamiere e affidate ai soccorsi sanitari senza ulteriori traumi e il più rapidamente possibile. Occorrono attrezzature che possano tagliare, tirare, piegare, spostare, sfondare e che siano trasportabili il più vicino possibile alla scena del sinistro, dove spesso i veicoli non riescono ad arrivare. Queste attrezzature costituiscono il Kit da soccorso idraulico.

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Il Kit da soccorso idraulico si compone generalmente di:
-un motore primo;
-un sistema di trasmissione;
-apparecchiature utensili (divaricatore cesoia, martinetti idraulici);-accessori di impiego.

Gruppo divaricatore-cesoia

Il gruppo divaricatore-cesoia costituisce il nucleo fondamentale del kit da soccorso idraulico. La combinazione adottata nei caricamenti delle più recenti APS, comprende:

-un motore endotermico, a benzina o a miscela;
-una pompa idraulica ad esso accoppiata direttamente;
-un sistema di trasmissione idraulica, basato su un fluido che, messo in
pressione dalla pompa, offre la stessa pressione all’utensile all’altra estremità;
-una tubazione doppia, di colore diverso per la mandata e il ritorno fluido;
-una cesoia;
-un divaricatore a doppio effetto.

Oltre a questi sono utili in intervento:

-una serie di catene e ganci per utilizzare il divaricatore per effettuare una
trazione;
-una serie di martinetti di sollevamento e spinta;
-una pompa a mano per emergenza.

La necessità di garantire la maneggevolezza necessaria nell’intervento di soccorso fa sì che ciascun attrezzo debba poter essere utilizzato da un solo operatore che a volte – costretto dalla situazione dell‟incidente o del disastro – lavora in posizione fisica sfavorevole, innaturale, rispetto allo sforzo che deve fare. Quindi i 25-30 kg, che in linea di massima potrebbero essere accettabili per un‟attrezzatura, si riducono fino ad un massimo di 18-21 kg, compresi fluidi e raccordi.

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Questo tipo di attrezzature possono essere utilizzate per interventi su veicoli stradali che hanno subito un incidente, l‟apertura di accessi ad abitazioni, gli ascensori e i luoghi cintati. Per interventi più impegnativi – incidenti ferroviari, crolli di edifici ecc. – occorrono strumenti di maggiori dimensioni e complessità. Sono possibili numerose combinazioni alternative, a seconda del costruttore del kit, o delle tecnologie impiegate.
Per quanto riguarda la trasmissione idraulica, essa si può realizzare sia con sistemi che prevedono che il fluido impiegato sia portato a pressioni di non più di 300/350 bar che con sistemi che prevedono invece pressioni fino a 700 bar. Vantaggi e svantaggi delle due soluzioni, per quanto riguarda la maneggevolezza, sostanzialmente si equivalgono. La maggiore pressione consente minori pesi per la minore quantità di fluido in circolazione e ridotte dimensioni dei cilindri di azionamento, ma obbliga a maggiori spessori e rigidezze per poter resistere a sollecitazioni superiori. Non è possibile utilizzare insieme componenti di Kit diversi.

In alternativa, il sistema di azionamento può essere di tipo elettrico, a sua volta distinto in bassa tensione (12 o 24 V) o in media tensione (230 o 400 V). In questo caso al motore endotermico è accoppiato un generatore elettrico e le tubazioni contenenti fluido sono sostituite da cavi elettrici di sezione appropriata. Nel caso si sappia che sul luogo dell‟intervento è disponibile un‟alimentazione elettrica corretta – cosa che non succede spesso nel campo di lavoro pompieristico – questo tipo di gruppo di salvataggio può anche fare a meno del motogeneratore.
L’azionamento pneumatico, ad aria compressa, è invece non indicato per il soccorso perché richiede tubazioni di diametro eccessivo per potere essere maneggevoli in situazioni di emergenza.

Esistono infine gruppi da intervento che fanno a meno del sistema di trasmissione perché sono composti da singoli utensili ciascuno dotato di un piccolo motore endotermico. Sono ugualmente poco utilizzati perché sono più pesanti, costituiscono una fonte di calore pericolosa sia per chi li utilizza che per la possibilità di innesco di atmosfere esplosive, ed infine perché sono una fonte di rumore e gas esausti di scarico che peggiora molto le condizioni di lavoro dei soccorritori oltre a risultare nocivi alle persone soccorse. Esiste anche la possibilità di usare un solo attrezzo, definito “combinato”, idoneo a tutti i tipi di lavoro, sia di taglio che di allargamento e di tiro.

Il “combinato” risolve molti problemi di ingombro e di disponibilità delle attrezzature, in particolare sui mezzi più piccoli, ma presenta inevitabilmente minori prestazioni ed uso più complesso. Un cenno meritano gli strumenti portatili, estremamente leggeri, destinati per lo più ad usi specifici.

Tra questi si possono citare:
-i piccoli divaricatori per apertura porte, da azionarsi con pompe a mano, piccole
e silenziose;
-gli strumenti per il taglio del tondino usati durante le demolizioni.

Questi sono azionati da piccole cariche esplosive e sono idonei ad essere utilizzati su macerie e rottami grossolani.

Funzionamento della centralina
La centralina può lavorare esclusivamente con attrezzature il cui impiego sia previsto
a 350 bar.
La valvola di comando posta sul coperchio della centralina consente di azionare due
utensili alternativamente.
La posizione centrale della leva è quella di neutro, in cui l’olio rientra in circolo nella
centralina; le posizioni a destra e a sinistra comandano l’azionamento dell’utensile
collegato alle rispettive prese idrauliche. Le uscite sono contrassegnate con le lettere
P e T; all’uscita P si connette il giunto rapido femmina; all’uscita T il giunto rapido
maschio della tubazione binata. La tubazione, idonea per una pressione di 350 bar e
per il tipo di fluido idraulico impiegato, presenta una pressione di scoppio di 1400 bar.

Prove tecniche di ricezione radio

Ricezione radio - Copia

In un area di intervento come la nostra e necessario che la comunicazione via radio sia sempre efficiente e almeno , sufficientemente chiara , a questo proposito abbiamo compiuto verifiche tecnico-ambientali per sopperire a questo tipo di problematica tesa ad individuare delle zone in cui il segnale , non dei ponti radio ma direttamente con un canale dedicato siano possibili . Il risultato è una copertura soddisfacente per quanto riguarda questo canale , nel contempo abbiamo potuto compiere delle verifiche anche verso la nostra centrale operativa di appartenenza . Un grazie anche ai TLC dei vigili del fuoco che ci hanno dato delle dritte e aiutato in alcune problemtiche tecniche di cui noi non eravamo a conoscenza .

Cosi abbiamo approfittato della situazione e aggiunto un’infarinatura su quanto riguarda le comunicazioni via radio , un argomento importante per tutti gli operatori .

Per chi volesse capirne di più : http://www.tlcveneto.altervista.org/

Grazie Buon Lavoro

 

 

Centralina di allertamento volontari

centralina

Per gentile concessione del Comune di Recoaro Terme anche il nostro distaccamento di Volontari Vigili del Fuoco di Recoaro si e dotato di una centralina automatica per l’allertare i volontari collegata direttamente al Comando di Vicenza , ci è stata donata con cuore dal Comune di Recoaro Terme con cui collaboriamo in maniera assidua e  professionale , da quando siamo nati come distaccamento , dopo diverse peripezie per l’acquisto di questa piccola centralina di cui noi avevamo bisogno per garantire una maggiore tempestività sia sulla reperibiltà che nell’intervento . Finalmente è arrivata e ci permetterà di cambiare la funzionalità e la modalità di allerta dei volontari collegati alla stessa tramite un’App sul telefono .

Nel ringraziare quanti si sono adoperati per raggiungere tale scopo , visto le poche ed esigue scorte finanziarie del nostro distaccamento , i volontari vogliono ringraziare il Comune per questa opportunità di crescita , e vogliono ricordare che il nostro volontariato gratuito per la sicurezza nel nostro territorio e il soccorso ad persone animali e cose , è alla base del nostro lavoro , per la nostra piccola ma grande comunità a cui noi doniamo il nostro tempo ” libero” senza “se” , e senza “ma”.

Sei stato addestrato , quindi lo sai fare , se non lo fai in ogni caso hai preso una decisione ,quella di non agire , di cui sarai in ogni caso responsabile . Onore e Oneri .

I volontari Vvf del distaccamento di Recoaro 

Activepager

Descrizione e scopo dell’apparato e dell’applicazione

ActivePager nasce per aiutare i volontari nella gestione delle chiamate selettive

L’idea centrale è quella di permettere a tutti i volontari della squadra di rispondere velocemente in modo da far sapere agli altri colleghi quante sono le forze disponibili ad intervenire per poter cosi organizzare al meglio le partenze

Il tempo conta!

Sapersi organizzare nel minor tempo possibile è fondamentale e con questo spritio abbiamo sviluppato la APP per velocizzare tutto!

A misura d utente

Abbiamo costruito un sistema con l’utente in testa. Per questo è tutto facile da utilizzare… Ed il nostro obbiettivo è quello di renderlo sempre più usabile!

La comunicazione è fondamentale!

Proprio per questo tra le varie funzionalità, ActivePager è dotato di un sistema di comunicazione che ti permette sia di avvisare tutti i memrbi che di lasciare un messaggio presente sulla bacheca interattiva della tua caserma.

In pochi click, è possibile avvisare tutti quanti i componenti della caserma di eventuali problemi ai mezzi, attrezzature o ricordare riunioni o appuntamenti con la certezza di avvisare tutti!

Inoltre è possibile inviare il messaggio anche via email, a seconda del canale di informazione che preferisci!

phoneSelettive

 

Ricevi una notifica

Ogni volta che verrà creata una selettiva

l’applicazione te lo farà sapere!

 

Ricevi un SMS

Ogni volta che verrà creata una selettiva il sistema

invierà anche un messaggio di testo.

 

Rispondi velocemente

L’applicazione è semplice ed è fatta in modo da

rispondere velocemente

 

Divisa da Intervento Nomex

Indumento Protettivo: Completo Antifiamma

Scopo del dispositivo

Scopo principale del completo di protezione dal calore “nuova foggia” è quello di proteggere il corpo di chi lo indossa (con l’esclusione delle mani e dei piedi) dalle lesioni e dai danni che possono essere provocati durante l’attività operativa da:

– brevi contatti con fiamme libere;
– effetti del calore.

Secondariamente, esso protegge anche da:

– azioni di corpi laceranti;
– schizzi di sostanze liquide aggressive e/o di agenti estinguenti (schiume, acqua);
– agenti atmosferici (pioggia, freddo);
– polveri nocive (particolari, polveri estinguenti).

In condizioni di scarsa visibilità, aiuta inoltre a prevenire l’investimento accidentale di chi lo indossa.

Caratteristiche
Il completo antifiamma per Vigili del Fuoco, certificato come DPI di III categoria ai sensi del D.L.vo 475/’92 per la lotta contro l’incendio secondo le norme UNI EN 340/’04 e UNI EN 469/’07 livelli Xf2 – Xr2 – Y2 – Z2.

Il completo di protezione “nuova foggia” svolge la propria funzione protettiva mediante l’assemblaggio di diversi indumenti:

– Giaccone;
– Cappuccio;
– Sovrapantalone.

Il giaccone serve a proteggere il torso ed è realizzato in due materiali:

1. un tessuto esterno laminato in doppio strato, Aramide esterno/membrana in PTFE (Politetrafluoroetilene) microporosa espansa interna, capace di resistere all’azione delle fiamme libere, con un ottimo grado di reazione al fuoco all’azione del calore, nonché alla penetrazione dell’acqua anche in pressione e dei liquidi in generale;

2. un’imbottitura interna non asportabile in feltro isolante di fibra di Aramide, con fodera in Aramide / Viscosa, capace di isolare termicamente dal freddo e dal calore dell’incendio.
Il cappuccio, destinato a proteggere la testa, è realizzato nei medesimi materiali.

Il sovrapantalone, destinato a proteggere le gambe, è un capo unico realizzato anch’esso nei medesimi materiali e dotato di ginocchiere di protezione e di bretelle per il mantenimento.

Modalità di impiego

Per un corretto impiego, è innanzitutto fondamentale indossare un completo della giusta taglia. Se il completo fosse eccessivamente aderente. Infatti, risulterebbe poco “coprente” ed ostacolerebbe i movimenti; un completo troppo grande, analogamente, sarebbe di intralcio per l’operatore. Si raccomanda poi di indossare sempre, insieme al giaccone, anche il sovrapantalone, perché proprio a questo indumento è affidata tutta la protezione delle gambe.

Prima dell’uso, è bene verificare che tutti gli indumenti del completo siano perfettamente chiusi in ogni loro parte (chiusura lampo, bottoni, velcro). Durante l’uso, è buona norma allontanarsi rapidamente dal luogo d’intervento qualora si avverta un sensibile incremento della temperatura interna, in particolare in corrispondenza delle zone dell’indumento con prestazioni termiche inferiori rispetto al resto, situate sul dietro dei pantaloni, che segnalano all’utilizzatore il raggiungimento del limite delle prestazioni protettive.

Il sovrapantalone è dotato di ginocchiere di protezione e di bretelle per il mantenimento. È necessario indossare sempre, oltre al giaccone, anche i pantaloni e chiudere perfettamente gli indumenti.

Durante l’uso, è bene allontanarsi rapidamente dalla fonte di calore se si avverte un sensibile incremento della temperatura interna.

DuPont™ Nomex® per prestazioni di lunga durata

Gli indumenti in fibra Nomex® proteggono i vigili del fuoco da vari decenni. Test approfonditi e eseguiti con frequenza dimostrano che sono tra i migliori per quel che riguarda la conservazione a lungo termine delle qualità protettive contro calore e fiamme.

Oltre il senso del dovere
La fibra Nomex® consente all’attrezzatura di servizio di resistere al passare del tempo, all’usura e ai lavaggi, oltre che all’esposizione alla luce ultravioletta.

I test effettuati hanno dimostrato che uno strato esterno in fibra Nomex® conserva l’84% della propria resistenza elastica dopo 25 lavaggi, rispetto al 52% con uno strato esterno composto al 60% di fibre para-aramidiche.

I tessuti in Nomex® garantiscono una resistenza nettamente maggiore all’abrasione rispetto al molti altri tessuti. Ciò influisce direttamente sulla durata e sulla resistenza, aspetti fondamentali per i vigili del fuoco di tutta Europa.

Migliore resistenza all’abrasione
La resistenza all’abrasione è correlata alla durata e alla resistenza. La maggior parte dei tessuti in fibra Nomex® hanno un’elevata resistenza all’abrasione rispetto ad altri tessuti con alto contenuti di fibre para-aramidiche. Sebbene queste forniscano un’elevata resistenza meccanica, i tessuti esterni che contengono il 60% di fibre para-aramidiche mostrano un calo netto della resistenza agli strappi dopo il lavaggio rispetto a tessuti simili con una percentuale più elevata di Nomex®.

Scheda di sicurezza (safety data sheet)

Questo post forse un pò tecnico ma indispensabile per un vigile del fuoco sapere  con cosa si ha a che fare , per questo in aziende ad alto rischio di incidente rilevante conoscere le informazioni riportate nella scheda di sicurezza non e solo obbligatorio ma FONDAMENTALE PER IL RISCHIO DEL SINGOLO E DELLA SQUADRA , E DI TUTTO QUELLA ZONA ROSSA , DOVE DOVRANNO OPERARE I VIGILI DEL FUOCO . E risulta senz’altro obbligatorio a chi opera e maneggia il prodotto in questione . Nel sistema della scheda di sicurezza a 16 punti , sono descritti in maniera peculiare e chiara l’uso , l’immagazzinamento , i DPI obbligatori , i pericoli ed il rischio , fino ad arrivare allo smaltimento dei contenitori.

Scheda di sicurezza

Una scheda di sicurezza (SDS) è un documento legale in cui vengono elencati tutti i pericoli per la salute dell’uomo e dell’ambiente di un prodotto chimico. In particolare vi sono elencate le componenti, il produttore, i rischi per il trasporto, per l’uomo e per l’ambiente, le indicazioni per lo smaltimento, le frasi H ed i  consigli P, i limiti di esposizione TLV-TWA e le protezioni da indossare per il lavoratore (Dispositivi di Protezione Individuale), che ne entra in contatto.

Normativa europea

In Europa la struttura ed il contenuto tecnico delle schede di sicurezza è regolato dal regolamento n. 1907/2006 del Parlamento Europeo del Consiglio del 18 dicembre 2006 concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH). Il REACH integra i criteri delle precedenti direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE (che stabiliscono i preparati e le sostanze interessati ed i criteri per l’imballaggio e la loro etichettatura), rendendo obbligatoria le SDS anche nei seguenti casi :

  • sostanze persistenti, bioaccumulanti e tossiche ;
  • molto persistenti e molto bioaccumulanti in base ai criteri di cui all’allegato XIII;
  • sostanze incluse nella lista di quelle eventualmente candidate all’autorizzazione, disposta dall’art. 59;
  • su richiesta dell’utilizzatore professionale, per preparati non classificati ma contenenti (in concentrazione individuale pari o superiore all’1% in peso per preparati solidi e liquidi o allo 0,2% in volume per preparati gassosi) sostanze pericolose, oppure dotate di valore limite d’esposizione professionale o ancora rientranti nei casi di cui sopra

Struttura SDS europea

La struttura della scheda di sicurezza deve essere composta dai seguenti 16 punti obbligatori :

1.identificazione della sostanza / miscela e della società / impresa produttrice;

2.identificazione dei pericoli

3.composizione / informazione sugli ingredienti;

4.misure di primo soccorso;

5.misure antincendio;

6.misure in caso di rilascio accidentale;

7.provvedimenti in caso di spargimento accidentale, manipolazione e immagazzinamento;

8.protezione personale e controllo dell’esposizione;

9.proprietà fisiche e chimiche;

10.stabilità e reattività;

11.informazioni tossicologiche;

12.informazioni ecologiche;

13.considerazioni sullo smaltimento;

14.informazioni sul trasporto;

15.informazioni sulla regolamentazione;

16.altre informazioni.

Qui sotto alcuni link sulle schede di sicurezza , per evitare di caricarne una intera , tanto

per avere un’idea di cosa si può trovare in un azienda :

Addestramento con Autoprotettore

Autoprotettore

Una fase molto importante e cruciale per quanto riguarda gli incendi e anche altre varie azioni che si possono incontrare in ambienti ad alto rischio di incidente rilevante e conoscere ed avere dimestichezza con l’autoprotettore o autorespiratore , per questo proposito oggi parleremo di questo argomento nell’addestramento mensile .

Autorespiratore a Circuito Aperto

Scopo del dispositivo

Suo scopo principale è quello di proteggere le vie durante l’attività operativa in atmosfere critiche :

-inquinate da fumi, nebbie, gas e vapori (asfissianti, irritanti, corrosivi, tossico-nocivi, cancerogeni/teratogeni, letali);

-contaminate da microrganismi infettivi;

-con tenore di ossigeno < 17%;

-con temperature > 60°C fornendo all’utilizzatore aria non inquinata proveniente da una sorgente portatile.

Caratteristiche

L’autorespiratore è costituito anzitutto da una (o anche più di una) bombola caricata ad aria compressa, realizzata normalmente in un unico pezzo cilindrico di acciaio, con una capacità volumetrica compresa tra 3 e 9 lt (il tipo più diffuso è quello da 7 lt). In Italia la pressione massima di carica è di 200-300 bar.

bombola

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La bombola è provvista di una valvola a volantino collegata, mediante un codolo posto sulla maschera a pieno facciale, mediante un idoneo raccordo connettore a vite unificato del tipo UNI EN 148/3.

 

erog maschL’erogatore è dotato di un dispositivo che ne permette l’attivazione alla prima inspirazione e di un blocco manuale, detto pulsante di stand-by. In alcuni modelli, questo coincide con il pulsante di erogazione supplementare, che ha la funzione di permettere un maggiore flusso d’aria in erogazione continua. In altri modelli, questa funzione è svolta da un pulsante apposito posto sull’erogatore.

La maschera è realizzata con una mescola speciale in gomma EPDM o in silicone, che non irrita la pelle e resiste al calore radiante. La marcatura della maschera dovrà riportare ben visibili le lettere “F” ed “A”, che attestano tale capacità.

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mascheraLa maschera si collega al viso dell’operatore tramite una bardatura formata da 2 cinghiaggi mascellari e 2 temporali, più un cinghiaggio superiore, tutti regolabili, ed è inoltre dotata di un visore in robusta plastica (metacrilato), che assicura un sufficiente campo visivo. Alla maschera è collegato un bocchettone a madrevite per l’attacco dell’erogatore di tipo unificato (diverso da quello della maschera a filtro), che incorpora una valvola di inalazione ed un dispositivo fonico, entrambi protetti da apposita schermatura parafiamma.

All’interno della maschera è collocata infine una mascherina oro-nasale munita di due valvoline di ingresso dell’aria, che si chiudono automaticamente all’espirazione, con la funzione di evitare l’appannamento del visore.

L’aria espiratasi scarica dal facciale, senza ricircolazione, attraverso una o due valvole di esalazione poste generalmente sulla parte inferiore della maschera.

Nella maschera, anche durante l’inspirazione su richiesta d’aria dell’utilizzatore, la pressione non scende mai al di sotto di una sovrappressione di 0,1 mbar (frequente 1 mbar). Questo modo di erogazione dell’aria viene definito “a domanda a funzionamento in sovrappressione”ed è ritenuto oggi il più affidabile.

Grazie alla sovrappressione sempre presente nella maschera, infatti, non si possono avere rientri di aria inquinata dall’esterno neppure nel caso di imperfetta tenuta del facciale sul viso dovuta a barba, baffi, o basettoni (comunque da evitare).

Esistono, però, anche altri tipi di erogatori, di uso comune in passato, che erogano l’aria sempre a domanda, ma solo se l’operatore crea nella maschera una lieve depressione e che per questo vengono detti “a domanda a funzionamento in depressione”.
L’autorespiratore isolante a circuito aperto a funzionamento in sovrappressione assicura la massima protezione possibile delle vie respiratorie. Questo maggiore grado di protezione è però pagato in termini di autonomia, perché le perdite d’aria dalla maschera che evitano rientri pericoloso di inquinante riducono l’autonomia dell’apparecchio.

Esistono quindi autorespiratori dotati di erogatori a domanda commutabili, che funzionano in depressione o sovrapressione a seconda delle necessità.

L’indossamento dell’apparecchio e il sostegno di bombola e riduttore sono assicurati da uno schienalino, o bardatura dorsale, dotato di opportuni cinghiaggi (due spallacci, una cintura lombare e una cinghia di fissaggio bombola) resistenti alla fiamma.

manometro

Completano l’autorespiratore un manometro di controllo per la lettura della pressione nella bombola, che comunica con questa mediante un tubo di collegamento detto frusta di alta pressione, innestato all’ingresso del riduttore, e una valvola di sicurezza per evitare che, in caso di funzionamento difettoso del riduttore, la pressione nel tubo di media pressione superi i 12-15 bar circa.

Su tutti gli apparecchi è presente infine un dispositivo acustico di allarme. Esso segnala che la pressione nella bombola ha raggiunto i 55 bar (evidenziati in rosso sul manometro), oppure che restano disponibili all’interno della bombola 200 lt di aria, che garantiscono 3 minuti circa di autonomia. A seconda della casa costruttrice, tale dispositivo può trovarsi sul manometro, sul gruppo di riduzione, o sull’erogatore.

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I modelli di autorespiratore più recenti adottano bombole in materiale composito, più leggere di quelle in acciaio ma ugualmente resistenti, e in grado, se caricate con una pressione massima di 300 bar, di immagazzinare a parità di peso una quantità d’aria leggermente maggiore rispetto alle precedenti.

Poiché gli autorespiratori sono destinati alle squadre antincendio, i costruttori hanno progettato anche appositi sistemi accessori, a volte non contemplati dalla normativa, finalizzati al miglioramento di alcune prestazioni specifiche degli apparecchi. Le bombole, ad esempio, possono essere trattate con vernici fosforescenti per assicurare la visibilità dell’operatore anche al buio, oppure possono essere interamente costruite in materiale composito a peso dimezzato per una maggiore maneggevolezza.
Particolari
I manometri possono essere a lettura digitale ed indicare direttamente l’autonomia residua monitorando in continuazione il ciclo di respirazione dell’operatore.

Il riduttore può essere provvisto di innesto per un secondo tubo di media pressione (o seconda utenza), collegato ad un’apposita maschera dotata di erogatore a funzionamento in depressione, per consentire il salvataggio di un’altra persona.

Le maschere possono avere un visore panoramico per migliorare il campo visivo, essere dotate di attacco rapido all’elmo di intervento, essere corredate da elmo protettivo integrato per Vigili del fuoco con sistemi di illuminazione antideflagranti, o essere dotate di sistemi di comunicazione radio, ecc.

Modalità di impiego

Per una corretta utilizzazione, gli autorespiratori ad aria compressa vanno in primo luogo selezionati in base alla classe di protezione offerta. A seconda del volume d’aria che contengono, questi dispositivi si suddividono infatti in 6 classi, indicative dell’autonomia dell’apparecchio, cioè della durata potenziale della protezione offerta, che oscilla a seconda dei tipi tra i 6-8 ed i 25-33 minuti.

La scelta del tipo di APVR più idoneo dipenderà, quindi, dalla durata presunta dei lavori da compiere in atmosfera inquinata. Si ricorda che l’autonomia dell’apparecchio non è un valore assoluto. Essa, infatti, dipende dal grado di affaticamento dell’operatore, il cui consumo di aria può oscillare tra i 10 lt/min, in condizioni di riposo, e i 100 lt/min in condizioni di massimo sforzo (per l’attività V.F. si considerano realistici consumi intorno ai 60-80 lt/min).

Autonomia

L’autonomia di un autorespiratore ad aria compressa si calcola dunque dividendo la capacità dell’apparecchio (data dal prodotto della pressione max di carica della bombola per il volume geometrico della stessa) per il consumo ipotizzato secondo la mansione svolta. Ad esempio, se si ha a disposizione un autorespiratore con bombola di 7 lt caricata ad una pressione max di 200 bar, che deve essere impiegato in condizioni di sforzo (consumo reale ipotizzato: 60 lt/min) ~ 23 min.
Questo metodo di calcolo può rivelarsi utile nelle fasi appena precedenti l’intervento, o nello stadio di programmazione dello stesso.
Per valutare l’autonomia residua durante l’intervento esiste un criterio più pratico, che sarà illustrato in seguito. Per una corretta utilizzazione, l’autoprotettore deve trovarsi a bordo del mezzo da intervento “pronto all’uso” nella seguente configurazione-base, che risulta la più adeguata per rapidità e praticità di impiego:

-bombola connessa al gruppo riduttore mediante codolo di collegamento, valvola a volantino chiusa;

-bombola connessa con la bardatura dorsale mediante cinghia portabombola;

-frusta dell’erogatore connessa al tubo di media pressione mediante attacco rapido;

-frusta manometro fissata allo spallaccio sinistro mediante gli idonei passanti;

-tubo di media pressione fissato allo schienalino, eventualmente anche allo spallaccio;

-maschera separata dall’apparecchio, nell’apposita busta sigillata;

-erogatore nell’apposita confezione di protezione, in posizione di stand-by;

-terminale dell’eventuale tubo di media pressione per seconda utenza protetto da apposito tappo.

Questa configurazione consente anche di effettuare con la massima rapidità ed il minimo consumo d’aria le verifiche e i controlli indispensabili per usare l’apparecchio in condizioni di sicurezza.

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Cura e manutenzione

Maschera, ricarica della bombola e bardatura dell’autorespiratore a circuito aperto devono essere pulite dopo l’uso. Se necessario, deve essere effettuata anche una decontaminazione secondaria a quella già eseguita a fine intervento. Periodicamente poi, secondo le scadenze indicate dai costruttori, vanno eseguiti gli interventi di manutenzione sui vari componenti dell’apparecchio, soprattutto sulle valvole e le tenute pneumatiche.

Data la complessità di tali operazioni, manutenzione e pulizia sono attualmente eseguite da strutture particolari, presenti all’interno di quasi tutti i Comandi Prov.li, che prendono il nome di Laboratori autoprotettori. Tali strutture devono essere affidate a personale istruito sulle modalità di ricarica delle bombole, sulle operazioni di pulizia e disinfezione degli apparecchi e sugli interventi di manutenzione ordinaria (quella, cioè, che riguarda le parti in bassa e media pressione). È importante che il personale incaricato segua scrupolosamente le procedure indicate nella nota informativa fornita dai costruttori dei singoli tipi di apparecchio. In alcune realtà avanzate, presso il laboratorio provinciale viene eseguita anche la manutenzione straordinaria degli autorespiratori (quella, cioè, che riguarda le parti in alta pressione), per la quale servono obbligatoriamente personale qualificato ed attrezzature specifiche.

 

 

Addestramento con Motopompe

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Gruppi idrici da esaurimento e svuotamento acque 
Nelle operazioni di soccorso dei vigili del fuoco c’è spesso la necessità di pompare acqua o altri fluidi: per effettuare rifornimento idrico da una fonte esterna, per svuotare locali
seminterrati allagati, per la raccolta di fluidi di qualsiasi tipo che si siano raccolto al suolo, oche abbiano formato pozze, o per travasarli da un recipiente inefficiente a uno sicuro.

Allagamento
Le pompe in dotazione agli automezzi antincendio VV.F. possono aspirare acqua e altri liquidi, anche in grande quantità, ma solo se la profondità del liquido resta inferiore ai dieci metri. Per profondità superiori queste pompe entrano in cavitazione, non riescono cioè a creare nel tubo di aspirazione una depressione sufficiente ad aspirare l’acqua.
Quando si deve invece lavorare a profondità superiori vengono usate le pompe ad immersione, attrezzature che lavorano immerse nel liquido che pompano, lavorando in regime di spinta anziché di aspirazione. In questo modo si elimina la necessità di tubazioni rigide in cui poter creare il vuoto (adescamento) e non c’è un limite alla profondità del liquido da prelevare. L’unico limite della pompa a immersione è la sua potenza e la lunghezza delle tubazioni e dei cavi necessari per l’operazione.
Una importante distinzione è inoltre quella tra pompe per acque limpide e pompe per
acque luride.
Le acque luride possono contenere piccoli corpi solidi che potrebbero danneggiare e perfino rompere o far grippare la pompa utilizzata. In una pompa per acque luride invece possono transitare piccoli oggetti senza danno, se non sono più grandi di quelli per i quali la pompa è stata progettata.
Dal momento che la pompa lavora in immersione, deve essere mossa da motori diversi da quelli a combustione. Molte utilizzano infatti un motore elettrico, collegato alla pompa, ma isolato elettricamente dall’ambiente e dall’umidità esterna; in altri casi si utilizza un motore idraulico mosso dall’olio in pressione a sua volta azionato da una moto centralina esterna; esiste infine una pompa che viene azionata dal flusso idrico uscente da una manichetta connessa alla pompa del veicolo antincendio, progettata proprio per le operazioni dei VV.F.

Pompa ad immersione ad azionamento idraulico
Caratteristica comune alle pompe immerse usate nel caricamento dei veicoli da intervento dei VV.F è la leggerezza, la possibilità cioè di essere trasportate e collocate da un solo uomo. Le dimensioni sono tali che la pompa può essere impiegata nelle fonti idriche di difficile accesso, come pozzi, tombini, boccaporti, piccole vasche o locali interrati accessibili da piccole finestre o cavedi. Le dimensioni limitate ovviamente condizionano la sua capacità di aspirazione e le dimensioni massime degli oggetti solidi aspirabili senza danni.

Elettropompa sommersa
La motopompa prevista per il caricamento sugli automezzi da intervento W.F è una pompa elettrica ad immersione idonea per acque sudicie, con una prevalenza (cioè l‟altezza a cui l’acqua può essere spinta) di 8 – 10 metri, e una portata massima (ad altezza intermedia) di circa 36 metri cubi all’ora (10 litri al secondo). Può riempire un serbatoio vuoto da 1600 litri in circa 3 minuti, oppure può vuotare una cantina di circa 20 m2, in cui l’acqua sia arrivata all‟altezza di un metro, in circa 30 minuti.
È mossa da motore elettrico della potenza di circa 1,5 KW, alimentato da corrente alternata a 230V, con 20 metri di cavo di alimentazione. La sicurezza elettrica è assicurata dal doppio isolamento delle parti in tensione; è comunque opportuno assicurarsi che l‟alimentazione elettrica sia protetta da un interruttore differenziale ad alta sensibilità. L‟alimentazione del motogeneratore presente sui veicoli WF è dotata di queste caratteristiche, se la puntazza di messa a terra è correttamente collocata.

MOTOPOMPE IN USO AI VIGILI DEL FUOCO

Le pompe sono di tipo centrifugo autoadescante a girante aperta e piatto d’usura riportato.
L’autoadescamento avviene per borbottamento dell’aria all’interno del liquido imprigionato nel corpo della pompa, che quindi deve essere di disegno e forma tali da permettere un rapido e sicuro autoadescamento fino a 8 m di profondità. Una valvola di non ritorno incorporata nel corpo evita lo svuotamento di quest’ultimo alla fermata della pompa, permettendo un rapido innescamento alla ripartenza della pompa. La tenuta meccanica è in metallo duro resistente all’abrasione ed è lubrificata tramite una camera a grasso sul retrotenuta.

VANTAGGI
La capacità di autoadescamento permette l’uso di tali pompe senza riempire la condotta di aspirazione ed evita la valvola di fondo. Possono quindi essere agevolmente usate in
versione trasportabile con motori elettrici o endotermici, oppure nell’aspirazione da vasche o canali profondi o lontani. La girante di tipo aperto con palettatura di forte spessore ed il piatto di usura nichelato e riportato con viti di acciaio inossidabile, conferiscono alla macchina una buona resistenza all’azione meccanica di sostanze abrasive quali sabbia, terriccio, polvere di marmo ecc..
Ampie aperture sul corpo permettono l’ispezione dell’interno della girante senza dover
smontare la pompa.

MOTOPOMPE DA SVUOTAMENTO
Le motopompe da svuotamento sono state progettate per impieghi gravosi continuativi di Vigili del Fuoco e Protezione Civile. Il rapido adescamento, anche con elevata prevalenza di aspirazione, l’elevata portata e prevalenza e l’altissima qualità dei materiali impiegati per la costruzione sono le caratteristiche principali .
La robustissima costruzione del corpo pompa unita alla particolare conformazione della
girante permette il trattamento ed il trasferimento acque luride, con sassi e corpi solidi in sospensione rendendo così possibile anche l’utilizzo senza impiegare il filtro di
aspirazione.

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Addestramento con Tirfor

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Addestramento con Tirfor

Il Tirfor è un’apparecchiatura atta ad esercitare forze di trazione in orizzontale ed in verticale tramite l’ausilio di una leva a mano. E composto da una fune di acciaio lunga circa 15 metri e da un corpo macchina fornito di dispositivo, azionato da una leva, per bloccare e liberare la fune di acciaio e da due leve che permettono il movimento di quest’ultima nei due sensi di marcia. L’apparecchio si usa per spostare oggetti pesanti, tronchi, massi, ecc…, per liberare mezzi impantanati; utilizzato in verticale permette di recuperare oggetti caduti in una voragine o giù per una scarpata.
L’operatore, trovato un punto fisso (un albero, un palo, o lo stesso automezzo che è servito per raggiungere il posto) dovrà agire in primo luogo bloccando il Tirfor tramite una fune al punto fisso (esiste un apposito gancio nella parte posteriore dell’apparecchiatura), poi disinserirà il dispositivo che blocca la fune di acciaio cosicché essa possa scorrere, raggiungere e legare l’oggetto da spostare. Successivamente, bloccata la fune tramite la leva di inserimento della marcia, sceglierà il senso di movimento. Se l’oggetto dovrà essere trascinato verso l’operatore userà la leva di marcia avanti, se dovrà essere calato userà quella di marcia indietro.
Al fine di evitare incidenti agli operatori, una volta spostato l’oggetto, per nessun motivo dovrà disinserire il meccanismo di bloccaggio della fune di acciaio, ma dovrà prima allentare il cavo stesso facendolo scorrere ovviamente nel senso contrario a quello in cui ha lavorato. Eseguita questa operazione potrà liberare il cavo e riporre l’attrezzatura. Lo stesso procedimento andrà rispettato lavorando con il Tirfor in verticale; bisognerà ricordare però che in questa posizione esso potrà sopportare pesi minori, secondo quanto dichiarato dalla ditta costruttrice. Per lavorare nei termini di sicurezza bisognerà sempre tenersi il più possibile lontani dal cavo di tensione e porre l’apparecchio in linea con quest’ultimo. Il Tirfor è anche dotato di una serie di picchetti per ancorarlo quando non si trovino punti fissi sul posto. Dovrà essere manovrato da un solo operatore per non alterare le caratteristiche dell’attrezzo.
Bisogna poi precisare che il tubo telescopico in dotazione al Tirfor non dovrà mai essere modificato nella sua lunghezza originale. Un’ulteriore precauzione sarà quella di controllare periodicamente lo stato di usura della fune di acciaio e provvedere alla sua sostituzione qualora non si dovesse trovare in condizioni ottima.

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