Addestramento con Autoprotettore

Autoprotettore

Una fase molto importante e cruciale per quanto riguarda gli incendi e anche altre varie azioni che si possono incontrare in ambienti ad alto rischio di incidente rilevante e conoscere ed avere dimestichezza con l’autoprotettore o autorespiratore , per questo proposito oggi parleremo di questo argomento nell’addestramento mensile .

Autorespiratore a Circuito Aperto

Scopo del dispositivo

Suo scopo principale è quello di proteggere le vie durante l’attività operativa in atmosfere critiche :

-inquinate da fumi, nebbie, gas e vapori (asfissianti, irritanti, corrosivi, tossico-nocivi, cancerogeni/teratogeni, letali);

-contaminate da microrganismi infettivi;

-con tenore di ossigeno < 17%;

-con temperature > 60°C fornendo all’utilizzatore aria non inquinata proveniente da una sorgente portatile.

Caratteristiche

L’autorespiratore è costituito anzitutto da una (o anche più di una) bombola caricata ad aria compressa, realizzata normalmente in un unico pezzo cilindrico di acciaio, con una capacità volumetrica compresa tra 3 e 9 lt (il tipo più diffuso è quello da 7 lt). In Italia la pressione massima di carica è di 200-300 bar.

bombola

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La bombola è provvista di una valvola a volantino collegata, mediante un codolo posto sulla maschera a pieno facciale, mediante un idoneo raccordo connettore a vite unificato del tipo UNI EN 148/3.

 

erog maschL’erogatore è dotato di un dispositivo che ne permette l’attivazione alla prima inspirazione e di un blocco manuale, detto pulsante di stand-by. In alcuni modelli, questo coincide con il pulsante di erogazione supplementare, che ha la funzione di permettere un maggiore flusso d’aria in erogazione continua. In altri modelli, questa funzione è svolta da un pulsante apposito posto sull’erogatore.

La maschera è realizzata con una mescola speciale in gomma EPDM o in silicone, che non irrita la pelle e resiste al calore radiante. La marcatura della maschera dovrà riportare ben visibili le lettere “F” ed “A”, che attestano tale capacità.

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mascheraLa maschera si collega al viso dell’operatore tramite una bardatura formata da 2 cinghiaggi mascellari e 2 temporali, più un cinghiaggio superiore, tutti regolabili, ed è inoltre dotata di un visore in robusta plastica (metacrilato), che assicura un sufficiente campo visivo. Alla maschera è collegato un bocchettone a madrevite per l’attacco dell’erogatore di tipo unificato (diverso da quello della maschera a filtro), che incorpora una valvola di inalazione ed un dispositivo fonico, entrambi protetti da apposita schermatura parafiamma.

All’interno della maschera è collocata infine una mascherina oro-nasale munita di due valvoline di ingresso dell’aria, che si chiudono automaticamente all’espirazione, con la funzione di evitare l’appannamento del visore.

L’aria espiratasi scarica dal facciale, senza ricircolazione, attraverso una o due valvole di esalazione poste generalmente sulla parte inferiore della maschera.

Nella maschera, anche durante l’inspirazione su richiesta d’aria dell’utilizzatore, la pressione non scende mai al di sotto di una sovrappressione di 0,1 mbar (frequente 1 mbar). Questo modo di erogazione dell’aria viene definito “a domanda a funzionamento in sovrappressione”ed è ritenuto oggi il più affidabile.

Grazie alla sovrappressione sempre presente nella maschera, infatti, non si possono avere rientri di aria inquinata dall’esterno neppure nel caso di imperfetta tenuta del facciale sul viso dovuta a barba, baffi, o basettoni (comunque da evitare).

Esistono, però, anche altri tipi di erogatori, di uso comune in passato, che erogano l’aria sempre a domanda, ma solo se l’operatore crea nella maschera una lieve depressione e che per questo vengono detti “a domanda a funzionamento in depressione”.
L’autorespiratore isolante a circuito aperto a funzionamento in sovrappressione assicura la massima protezione possibile delle vie respiratorie. Questo maggiore grado di protezione è però pagato in termini di autonomia, perché le perdite d’aria dalla maschera che evitano rientri pericoloso di inquinante riducono l’autonomia dell’apparecchio.

Esistono quindi autorespiratori dotati di erogatori a domanda commutabili, che funzionano in depressione o sovrapressione a seconda delle necessità.

L’indossamento dell’apparecchio e il sostegno di bombola e riduttore sono assicurati da uno schienalino, o bardatura dorsale, dotato di opportuni cinghiaggi (due spallacci, una cintura lombare e una cinghia di fissaggio bombola) resistenti alla fiamma.

manometro

Completano l’autorespiratore un manometro di controllo per la lettura della pressione nella bombola, che comunica con questa mediante un tubo di collegamento detto frusta di alta pressione, innestato all’ingresso del riduttore, e una valvola di sicurezza per evitare che, in caso di funzionamento difettoso del riduttore, la pressione nel tubo di media pressione superi i 12-15 bar circa.

Su tutti gli apparecchi è presente infine un dispositivo acustico di allarme. Esso segnala che la pressione nella bombola ha raggiunto i 55 bar (evidenziati in rosso sul manometro), oppure che restano disponibili all’interno della bombola 200 lt di aria, che garantiscono 3 minuti circa di autonomia. A seconda della casa costruttrice, tale dispositivo può trovarsi sul manometro, sul gruppo di riduzione, o sull’erogatore.

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I modelli di autorespiratore più recenti adottano bombole in materiale composito, più leggere di quelle in acciaio ma ugualmente resistenti, e in grado, se caricate con una pressione massima di 300 bar, di immagazzinare a parità di peso una quantità d’aria leggermente maggiore rispetto alle precedenti.

Poiché gli autorespiratori sono destinati alle squadre antincendio, i costruttori hanno progettato anche appositi sistemi accessori, a volte non contemplati dalla normativa, finalizzati al miglioramento di alcune prestazioni specifiche degli apparecchi. Le bombole, ad esempio, possono essere trattate con vernici fosforescenti per assicurare la visibilità dell’operatore anche al buio, oppure possono essere interamente costruite in materiale composito a peso dimezzato per una maggiore maneggevolezza.
Particolari
I manometri possono essere a lettura digitale ed indicare direttamente l’autonomia residua monitorando in continuazione il ciclo di respirazione dell’operatore.

Il riduttore può essere provvisto di innesto per un secondo tubo di media pressione (o seconda utenza), collegato ad un’apposita maschera dotata di erogatore a funzionamento in depressione, per consentire il salvataggio di un’altra persona.

Le maschere possono avere un visore panoramico per migliorare il campo visivo, essere dotate di attacco rapido all’elmo di intervento, essere corredate da elmo protettivo integrato per Vigili del fuoco con sistemi di illuminazione antideflagranti, o essere dotate di sistemi di comunicazione radio, ecc.

Modalità di impiego

Per una corretta utilizzazione, gli autorespiratori ad aria compressa vanno in primo luogo selezionati in base alla classe di protezione offerta. A seconda del volume d’aria che contengono, questi dispositivi si suddividono infatti in 6 classi, indicative dell’autonomia dell’apparecchio, cioè della durata potenziale della protezione offerta, che oscilla a seconda dei tipi tra i 6-8 ed i 25-33 minuti.

La scelta del tipo di APVR più idoneo dipenderà, quindi, dalla durata presunta dei lavori da compiere in atmosfera inquinata. Si ricorda che l’autonomia dell’apparecchio non è un valore assoluto. Essa, infatti, dipende dal grado di affaticamento dell’operatore, il cui consumo di aria può oscillare tra i 10 lt/min, in condizioni di riposo, e i 100 lt/min in condizioni di massimo sforzo (per l’attività V.F. si considerano realistici consumi intorno ai 60-80 lt/min).

Autonomia

L’autonomia di un autorespiratore ad aria compressa si calcola dunque dividendo la capacità dell’apparecchio (data dal prodotto della pressione max di carica della bombola per il volume geometrico della stessa) per il consumo ipotizzato secondo la mansione svolta. Ad esempio, se si ha a disposizione un autorespiratore con bombola di 7 lt caricata ad una pressione max di 200 bar, che deve essere impiegato in condizioni di sforzo (consumo reale ipotizzato: 60 lt/min) ~ 23 min.
Questo metodo di calcolo può rivelarsi utile nelle fasi appena precedenti l’intervento, o nello stadio di programmazione dello stesso.
Per valutare l’autonomia residua durante l’intervento esiste un criterio più pratico, che sarà illustrato in seguito. Per una corretta utilizzazione, l’autoprotettore deve trovarsi a bordo del mezzo da intervento “pronto all’uso” nella seguente configurazione-base, che risulta la più adeguata per rapidità e praticità di impiego:

-bombola connessa al gruppo riduttore mediante codolo di collegamento, valvola a volantino chiusa;

-bombola connessa con la bardatura dorsale mediante cinghia portabombola;

-frusta dell’erogatore connessa al tubo di media pressione mediante attacco rapido;

-frusta manometro fissata allo spallaccio sinistro mediante gli idonei passanti;

-tubo di media pressione fissato allo schienalino, eventualmente anche allo spallaccio;

-maschera separata dall’apparecchio, nell’apposita busta sigillata;

-erogatore nell’apposita confezione di protezione, in posizione di stand-by;

-terminale dell’eventuale tubo di media pressione per seconda utenza protetto da apposito tappo.

Questa configurazione consente anche di effettuare con la massima rapidità ed il minimo consumo d’aria le verifiche e i controlli indispensabili per usare l’apparecchio in condizioni di sicurezza.

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Cura e manutenzione

Maschera, ricarica della bombola e bardatura dell’autorespiratore a circuito aperto devono essere pulite dopo l’uso. Se necessario, deve essere effettuata anche una decontaminazione secondaria a quella già eseguita a fine intervento. Periodicamente poi, secondo le scadenze indicate dai costruttori, vanno eseguiti gli interventi di manutenzione sui vari componenti dell’apparecchio, soprattutto sulle valvole e le tenute pneumatiche.

Data la complessità di tali operazioni, manutenzione e pulizia sono attualmente eseguite da strutture particolari, presenti all’interno di quasi tutti i Comandi Prov.li, che prendono il nome di Laboratori autoprotettori. Tali strutture devono essere affidate a personale istruito sulle modalità di ricarica delle bombole, sulle operazioni di pulizia e disinfezione degli apparecchi e sugli interventi di manutenzione ordinaria (quella, cioè, che riguarda le parti in bassa e media pressione). È importante che il personale incaricato segua scrupolosamente le procedure indicate nella nota informativa fornita dai costruttori dei singoli tipi di apparecchio. In alcune realtà avanzate, presso il laboratorio provinciale viene eseguita anche la manutenzione straordinaria degli autorespiratori (quella, cioè, che riguarda le parti in alta pressione), per la quale servono obbligatoriamente personale qualificato ed attrezzature specifiche.

 

 

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